Road to Nowhere di Monte Hellman con Shannyn Sossamon, Tygh Runyan, Dominique Swain, Cliff De Young, Waylon Payne, John Diehl, Fabio Testi, Robert Kolar, Nic Paul

Black Swan di Darren Aronofsky con Natalie Portman, Mila Kunis, Vincent Cassel, Barbara Hershey, Winona Ryder

The Ditch di Wang Bing con Lu Ye, Lian Renjun, Xu Cenzi, Yang Haoyu, Cheng Zhengwu, Jing Niansong

Vénus noire di Abdellatif Kechiche con Yahima Torres, Olivier Gourmet, André Jacobs

Post mortem di Pablo Larraín con Alfredo Castro, Antonia Zegers

Evidentemente il visivo riguarda il nervo ottico,
ma non è per questo un’immagine.
La condizione sine qua non perché vi sia immagine è l’alterità.
Serge Daney

Per ottenere immaginario bisogna uccidere la realtà. È dal cadavere di quest’ultima che prolifera. Senza la realtà come corpo morto, non si dà immaginario come corpo vivo. Assertivo ed estremo nelle sue conseguenze l’assunto di buona parte delle opere presenti a Venezia quest’anno.
Sempre in debito di tempo, la sala di proiezione diventava la mia meta serale, mentre mi era preclusa per il resto della giornata, lavorando d’altronde, proprio per la Mostra del Cinema. Ore buttate a leggere brutte rassegne stampa, articoli scritti da sedicenti critici, scribacchini piegati a palinsesti televisivi. Una massa di pensionati che stancamente occupa le pagine sempre più sfiancate di cultura e spettacoli dei quotidiani nazionali. Coloristi che riscrivono ogni anno gli stessi articoli, rigirano le stesse frasi, sfiniscono il medesimo concetto. Si muovono come testuggini al deposito delle uova, tra sale e conferenze. Ruotano la testa al rallenti, allungano i colli, si cercano, stanno in branco, si danno ragione. Il cinema li annoia. Infatti non ne parlano. Esauriscono l’argomento raccontando la sinossi, che deve essere chiara, precisa e comprensibile. Per poi passare al chiacchiericcio attorno alla kermesse. Come se il cinema trovasse il suo senso nella trama, come se il cinema si dovesse risolvere nella sua parafrasi. Ma chi l’ha detto che al cinema bisogna capire tutto? Il cinema è soprattutto un atto di fede. Chi pretende di spiegarlo senza accettarne il mistero non lo ama. Antonioni diceva che “noi sappiamo che sotto l’immagine rivelata ce n’è un’altra più fedele alla realtà, e sotto quest’altra un’altra ancora, e di nuovo un’altra sotto quest’ultima. Fino alla vera immagine di quella realtà, assoluta, misteriosa, che nessuno vedrà mai”. L’immagine contiene l’uno e il suo contrario, vive dell’ambiguità del suo residuo, irriducibile alla ragione.

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